Pagano Romilda aveva solo cinque anni
quando, quel fatidico 26 febbraio ’92,
suo padre Pasquale fu ucciso per errore dai camorristi , insieme a suo zio
Paolo Coviello, in una strada di campagna di Casapesenna.
Pasquale era commerciante, non aveva contatti
con i clan camorristici, la sua unica colpa era di possedere lo stesso modello
di automobile dei reali obiettivi dell’agguato: Alfredo Zara e Domenico
Frascogna. Romilda descrive il padre
come un uomo generoso, ogni giorno casa sua era invasa da persone bisognose che
gli chiedevano aiuto. La giovane ha sempre creduto fermamente nell’innocenza
del padre ma, nonostante ciò ,da piccola ,provava fastidio a parlare del suo
brutale assassinio , per timore del giudizio della società, date le circostanze
misteriose dell’omicidio.
Man mano che dal suo racconto emergono
le immagini e i suoni strazianti dell’accaduto, come l’auto crivellata sotto
una pioggia di colpi, Romilda si commuove, la sua voce si fa tremolante e
piange. E’ difficile comprendere il dolore provato dalla giovane alla notizia
della morte del padre e il tragico travaglio della crescita con l’assenza della
figura paterna e con una figura materna afflitta dal dolore.
La sua infanzia è stata tutt’altro
che semplice, poiché la morte del padre ha causato una rottura dell’equilibrio
familiare. La madre casalinga, nonostante le ristrettezze economiche, ha cercato in tutti i modi di crescere le sue figlie, Romilda e Rossana, in modo
normale, ma con tanti sacrifici. La sofferenza più atroce è scaturita dal fatto
di non avere notizie dei colpevoli, del movente. Le famiglie Pagano e Coviello
hanno dovuto affrontare 23 anni di buio in cui le indagini non hanno prodotto alcun frutto, fin quando il 27 maggio 2015, verso le sei di mattina, è arrivata una telefonata, Romilda sente la mamma piangere e parlare con la sorella,
ma non trova il coraggio di alzarsi dal
letto, l’istinto la porta ad aprire il giornale
sulla pagina web di casertace.net e di cliccare su un “ video shock”, è qui che
riconosce la manica del giubbotto del
padre e capisce. Alle nove i carabinieri sono a casa a dare la notizia, i
Venosa ( Pietro Paolo, Umberto, Raffaele e Salvatore), esecutori del delitto,
dopo essersi pentiti, raccontano la verità , rivelando il nome dei veri
destinatari della trappola mortale, rendendo finalmente nota a tutti
l’estraneità alla camorra di Coviello e Pagano.
Romilda conserva tuttora ricordi perfetti del
padre e si sforza continuamente di ricordare la sua voce, ora conosce anche i
volti di coloro che hanno cambiato il corso della sua vita e ,nell’incontrare i
loro sguardi durante il processo, ha provato per loro tanta pietà.
CAVALIERE SILVIO DANIELE
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