giovedì 2 gennaio 2014

Temporali

‘’ Hai paura dei temporali, bimbo? ‘’
Mi chiese con tono rassicurante e sereno, presentandosi con un sorriso vuoto tinto in volto, verniciato da chissà quale colore putrido e grumoso, che faceva apparire le sue labbra come intagliate sul viso da un rugginoso coltellaccio seghettato. Guardando oltre la sua sagoma, potevo scorgere l’animo dell’uomo che mi si poneva di fronte; quest’ultimo ingurgitava carcasse putrefatte e le rigettava tramite rigurgiti acidi e melmosi. La sua cavità orale era impregnata del suo stesso vomito d’odio e perfidia, tra i denti potevo individuare rivoli di liquido corrosivo, i quali scivolavano lungo la bocca, percorrendo a fatica il mento per poi proseguire indisturbatamente il loro percorso lungo il rugoso collo. Quella melma scavava le carni dell’uomo, rendendo visibile il tessuto muscolare del suo volto e del suo cervice. 
Un lampo bianco squarciò l’astro, così come un bisturi corroso lacera la pelle del malcapitato paziente. Illuminò per interminabili attimi l’ambiente circostante, in modo da render nitido e visibile – almeno per un istante – il volto dell’uomo sinistro. Fu solo allora che mi destai dalla mia attenta e mostruosa analisi pessimistica del soggetto estraneo, il quale mi si poneva di fronte a rivolgermi la parola. 
‘’ No. ‘’ 
Esordì in modo che l’altro potesse udire la mia voce appena, così da poter studiare minuziosamente ogni sua reazione, e/o ipotetica nuova domanda, alla mia sentenza secca e tagliente- insolita per un ragazzino di undici anni. 
L’individuo parve udirmi forte e chiaro, manco gliel’avessi gridato in volto, quella dichiarazione. Figurò compiaciuto del mio modo di fare, o meglio, dalla mia presenza. La gioia plastica impiastricciata alla sua faccia, si espanse! Io nella sua smorfia, riuscivo solo a scorgere una bocca dilaniata e liquefatta dal fuoco di un inferno a tutti completamente ignoto; le fiamme divampavano prepotentemente sulla pelle velatamente vizza , allargando lo squarcio che, tuttavia, gli altri riuscivano a scorgere come un semplice sorriso. 
Dunque si apprestò a sbloccare il suo arto sinistro superiore per muoverlo verso la mia sagoma, diretto al volto. Pareva un macigno antico nell’atto di riacquistare vita, riuscivo ad udire ogni cigolio causato dalle sue ossa di ferraglia. 
La mano dell’uomo si discioglieva intanto che la distanza tra essa e me diminuiva drasticamente. Eppure solo io lo vedevo, solo io percepivo il lercio che egli celava meticolosamente nel retro del suo teatrino di bontà e carisma.
Scansai il suo arto come potesse contagiarmi da una malattia mortale grazie ad un solo e semplice tocco; il mio volto non faceva trapelare null’altro che disprezzo!
L’indice ed il medio dell’essere, sfiorarono velatamente la mia chioma castana. Potei avvertire l’inconsulto penetrarmi nel cranio come una trivella ardente, bruciando le mie ciocche crespe e spettinate.
L’estraneo lasciò che il silenzio ci fucilasse brutalmente per qualche secondo, godendosi quegli attimi d’interminabile tortura psichica. 
‘’ Dovresti averne. ‘’

Francesca Torino, Liceo linguistico Niccolò Jommelli (Aversa) 

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