Il giorno 15/05/2018 gli alunni
dell’indirizzo classico hanno partecipato ad una lectio magistralis sulla
riscrittura del mito di Antigone nel ‘900, tenuta dalla prof.ssa Elena Porciani, docente di
Letteratura comparata presso il Dipartimento di Lettere e Beni Culturali dell’
Università “Luigi Vanvitelli”.
Protagonista della conferenza
Antigone, non solo nelle vesti della figura sofoclea ma nella sua dimensione
simbolica di eroina della libertà, attraverso la storia, la letteratura, il
cinema del Novecento.
In
apertura viene proposta la sorprendente analogia tra il mito di Antigone e la
vicenda di Aldo Moro: come il cadavere del fratello di Antigone, privo di
sepoltura, è preda degli avvoltoi, così il corpo di Aldo Moro, ancora oggi,
sembra essere insepolto, in un vortice di perché e punti interrogativi. È
senz’altro un accostamento particolare, eccellentemente elaborato dalla
professoressa, che deriva da un metodo innovativo, quello di disambientare il
mito di Antigone, ambientarlo cioè in un nuovo “locus” e, allo stesso tempo,
disorientarlo e straniarlo. Non è di certo la prima persona, Elena Porciani,
come lei stessa precisa, ad avvalersi di tale metodo; sono molti i filosofi e
gli scrittori che hanno disambientato la figura e il mito di Antigone,
adattandolo al periodo storico o allo stato emotivo proprio. La vera fortuna di
questo mito, infatti, è l’assenza di una chiave di lettura standard e la figura
ambigua, ambivalente e sfuggente di Antigone. Non si hanno risposte, ma solo
apparenti soluzioni, mai pragmatiche. Altro esempio, riportatoci durante la
conferenza, è quello del filosofo Steiner, che presenta la figura di Antigone
come la meno razionale , sorprendentemente assolutistica e la oppone a quella
di Creonte, del tutto razionale, evidenziando come Sofocle non sostenga l’uno o l’altro
personaggio, ma invita il lettore a
riflettere. Altro punto di vista proposto dalla professoressa Porciani è quello di Hegel che, invece, presenta la figura di Antigone in una prospettiva patriarcale dalla valenza
negativa. Viene sfatata l’immagine della protagonista di mito come portatrice
di libertà, travisando la concezione di “ghenos” sofocleo: il forte desiderio
di voler riservare una degna sepoltura al fratello non è un concetto legato al “pathos”,
ma all’appartenenza del fratello al suo stesso clan. Viene per cui presentata
Antigone nelle vesti di paladina della libertà, del fratello e non della
società. L’immagine dell’eroina viene
ulteriormente modificata dagli studiosi e pensatori del Novecento, che si
schierano dalla parte di Antigone poiché, con la Prima Guerra Mondiale e
l’affermazione delle dittature, diventa l’emblema della ribellione non violenta
alla tirannide e all’ingiustizia. Infatti, ne “Le tre ghinee” di Virginia Woolf
amplia il discorso di “philia”, fino ad ora ritenuto
non come amore universale, ma riservato al “ghenos”, modificando l’essenza della figura di
Antigone in quanto tutrice di libertà e di amore universale.
Con lo scorrere del tempo e
l’evolversi della società ci si è sempre di più allontanati dai valori sofoclei
e dai personaggi del mito sono emersi quelli che psicologicamente e moralmente
sono più vicini all’attuale mentalità. In questo nuovo contesto emerge la
figura di Ismene, sorella di Antigone, nella quale si rivede Grete Weil, autrice
del romanzo “Mia sorella Antigone”. Nell’opera autobiografica, che ripercorre
il terrificante genocidio del Novecento, l’Olocausto, la scrittrice fa emergere
i suoi sensi di colpa: “in primis” non essere riuscita a liberare il marito,
prima che fosse ucciso e di aver inoltre collaborato con i nazisti per sopravvivere.
Come Ismene, che non è riuscita ad essere un sostegno per la sorella nella sua
lotta, così anche Grete/Ismene non riuscirà ad aiutare i suoi cari e
soprattutto se stessa. È da quest’ultimo esempio
sull’ambiguità e sulla versatilità del mito sofocleo, che si sviluppa un
animato dibattito sulla modernità di Antigone, che coinvolge, stupisce,
affascina, ieri come oggi.
Raffaella Cecoro, IIIZ
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