venerdì 25 maggio 2018

Il mito di Antigone: disambientazione, straniamento e modernità

Il giorno 15/05/2018 gli alunni dell’indirizzo classico hanno partecipato ad una lectio magistralis sulla riscrittura del mito di Antigone nel ‘900, tenuta  dalla prof.ssa Elena Porciani, docente di Letteratura comparata presso il  Dipartimento di Lettere e Beni Culturali dell’ Università “Luigi Vanvitelli”. 
Protagonista della conferenza Antigone, non solo nelle vesti della figura sofoclea ma nella sua dimensione simbolica di eroina della libertà, attraverso la storia, la letteratura, il cinema del Novecento.
In apertura viene proposta la sorprendente analogia tra il mito di Antigone e la vicenda di Aldo Moro: come il cadavere del fratello di Antigone, privo di sepoltura, è preda degli avvoltoi, così il corpo di Aldo Moro, ancora oggi, sembra essere insepolto, in un vortice di perché e punti interrogativi. È senz’altro un accostamento particolare, eccellentemente elaborato dalla professoressa, che deriva da un metodo innovativo, quello di disambientare il mito di Antigone, ambientarlo cioè in un nuovo “locus” e, allo stesso tempo, disorientarlo e straniarlo. Non è di certo la prima persona, Elena Porciani, come lei stessa precisa, ad avvalersi di tale metodo; sono molti i filosofi e gli scrittori che hanno disambientato la figura e il mito di Antigone, adattandolo al periodo storico o allo stato emotivo proprio. La vera fortuna di questo mito, infatti, è l’assenza di una chiave di lettura standard e la figura ambigua, ambivalente e sfuggente di Antigone. Non si hanno risposte, ma solo apparenti soluzioni, mai pragmatiche. Altro esempio, riportatoci durante la conferenza, è quello del filosofo Steiner, che presenta la figura di Antigone come la meno razionale , sorprendentemente assolutistica e la oppone a quella di Creonte, del tutto razionale, evidenziando come  Sofocle non sostenga l’uno o l’altro personaggio, ma invita  il lettore a riflettere. Altro punto di vista proposto dalla professoressa Porciani  è quello di Hegel che, invece,  presenta la figura di Antigone  in una prospettiva patriarcale dalla valenza negativa. Viene sfatata l’immagine della protagonista di mito come portatrice di libertà, travisando la concezione di “ghenos” sofocleo: il forte desiderio di voler riservare una degna sepoltura al fratello non è un concetto legato al “pathos”, ma all’appartenenza del fratello al suo stesso clan. Viene per cui presentata Antigone nelle vesti di paladina della libertà, del fratello e non della società.  L’immagine dell’eroina viene ulteriormente modificata dagli studiosi e pensatori del Novecento, che si schierano dalla parte di Antigone poiché, con la Prima Guerra Mondiale e l’affermazione delle dittature, diventa l’emblema della ribellione non violenta alla tirannide e all’ingiustizia. Infatti, ne “Le tre ghinee” di Virginia Woolf amplia il discorso di “philia”, fino ad ora ritenuto non come amore universale, ma riservato al “ghenos”,  modificando l’essenza della figura di Antigone in quanto tutrice di libertà e di amore universale.
Con lo scorrere del tempo e l’evolversi della società ci si è sempre di più allontanati dai valori sofoclei e dai personaggi del mito sono emersi quelli che psicologicamente e moralmente sono più vicini all’attuale mentalità. In questo nuovo contesto emerge la figura di Ismene, sorella di Antigone, nella quale si rivede Grete Weil, autrice del romanzo “Mia sorella Antigone”. Nell’opera autobiografica, che ripercorre il terrificante genocidio del Novecento, l’Olocausto, la scrittrice fa emergere i suoi sensi di colpa: “in primis” non essere riuscita a liberare il marito, prima che fosse ucciso e di aver inoltre collaborato con i nazisti per sopravvivere. Come Ismene, che non è riuscita ad essere un sostegno per la sorella nella sua lotta, così anche Grete/Ismene non riuscirà ad aiutare i suoi cari e soprattutto se stessa. È da quest’ultimo esempio sull’ambiguità e sulla versatilità del mito sofocleo, che si sviluppa un animato dibattito sulla modernità di Antigone, che coinvolge, stupisce, affascina, ieri come oggi.

 Raffaella Cecoro, IIIZ


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