mercoledì 13 dicembre 2017

La lingua geniale. 9 ragioni per amare il greco.




“La lingua geniale. 9 ragioni per amare il greco”, è un libro scritto da Andrea Marcolongo, ex studentessa di liceo classico, laureata in Lettere classiche, ricercatrice di Lingua greca, scrittrice e ghost writer. La   pubblicazione è del 2016, a cura dell’editore Laterza.
Il libro, come afferma la stessa autrice, non ha un target preciso: «Non è affatto destinato solo a chi il greco già lo conosce, anzi … serve ad agevolare la comunicazione tra persone, ora che, nella nostra epoca 2.0, l'abbiamo semplificata a tal punto da usare "dei moderni pittogrammi", le emoticons, perdendo sempre di più la capacità di capire e farsi capire». L’obiettivo del testo, infatti, è quello di diffondere un modo di pensare più ampio del nostro, facendoci conoscere una bellissima eredità culturale, sul piano linguistico e non solo. Particolare caratteristica della fatica letteraria della Marcolongo è, in primis, la presenza di diversi brani in greco antico inseriti nei vari capitoli, che lasciano il lettore spiazzato sì, ma non lontano da quanto scritto, perché in realtà chi legge è vicinissimo alla cultura di questa lingua antica. In sette capitoli sono racchiuse e sintetizzate nove fondamentali ragioni per amare il greco. Per ognuna di esse è richiamata l’attenzione su un argomento, relativo appunto al greco antico: dal modo ottativo, utilizzato dai greci per desiderare qualcuno o qualcosa (dal latino de-sidera: lontano dalle stelle), alla ricostruzione etimologica e romantica, fatta nel XVIII secolo, della parola nostalgia (dal greco nòstos, ritorno, e àlgos, dolore); dal numero duale, che esprimeva due cose o due persone connesse tra di loro, alla perdita della musicalità della lingua greca, poiché logorata dal passare del tempo, fino ad oggi, quando, dopo aver letto un testo in greco, ci accorgiamo che esso è ancora capace di trasmetterci puro stupore. Sebbene a distanza di migliaia di anni dalla sua nascita e dalla sua diffusione, infatti, questa lingua continua a vivere nelle nostre menti e nella nostra cultura, in modo trasparente, quasi impercettibile. Ricco di etimologie e di riflessioni circa parole usate quotidianamente, che hanno una storia alle spalle ed un passato, l’obiettivo principale del libro è quello di sottolineare la particolarità e l’unicità del pensiero greco: un modo di pensare e di valutare le situazioni della vita in cui si dava più importanza alla qualità delle cose che alla quantità, all’aspetto interiore che a quello esteriore, in misura differente dal modo di fare, di agire e di pensare odierno, laddove si è aggrediti dalla percezione del tempo e dall’importanza che ricopre solo in termini di quantità, accelerando senza criterio qualsiasi cosa capiti, per portarla a termine nel minor tempo possibile, salvo accorgersi, poi, di non aver vissuto pienamente, in qualità.
Sul tema delle cose perdute, l'autrice ci parla della pronuncia, resa, purtroppo, silenziosa, tanto da farle scrivere del “silenzio del greco”; in effetti, non avendo altro che fonti scritte, avremo sempre una lacuna incolmabile, il potere della sola immaginazione per avvicinarci a un accento melodico, che rimane in questo modo un caso irrisolto. Altra eredità persa del mondo greco è la capacità di vedere il mondo tridimensionalmente e quindi il possedere una prospettiva più aperta della nostra, bidimensionale. E cosa sarebbe la terza dimensione? I tre generi e numeri della lingua greca, con il neutro e il duale di cui oggi siamo orfani. Le cose della vita erano classificate grammaticalmente tra quelle con o senz'anima e quindi al neutro appartenevano i concetti astratti e, al duale, un modo umano di contare il mondo basato sulla coppia. Se esistono molte eredità, in tante altre caratteristiche la lingua greca sembra tanto lontana da noi, per la duttilità della parola, ad esempio, resa tale dai casi; la nostra lingua, infatti, l’italiano, ci appare più semplice poiché più vicina, ma con una più attenta analisi, essa risulta troppo analitica e poco sintetica rispetto al greco. “La perdita dell'ottativo” «è la perdita di un'eleganza da aristocratici», diceva Antoine Meillet, citazione sintetizzante l'obiettivo dell'autrice: dare a noi la misura della scomparsa dell'ottativo, scomparsa causa delle privazioni di espressioni del desiderio, dell'intenzione, del potenziale e del probabile, possibilità tutta greca di immortalare il mondo, come in una fotografia, nel riportare i pensieri di terzi.
Uno dei quesiti che sempre accompagna gli studenti è: «Ma quindi, come si traduce?». Quesito che risale a quando il mondo ha smesso di comunicare attraverso il greco stesso. La Marcolongo suggerisce che il miglior modo di pensare il greco è di farlo “vestendoci” come dei Greci, essendo pronti ad ascoltare, poiché un testo da volgere parla. Dunque l'autrice si rivolge agli studenti, invitandoli a riservare fiducia in loro stessi e ricordando che errare humanum est e, proprio in tal misura, ella condivide aneddoti scherzosi e al contempo rassicuranti sulle sue esperienze del liceo, raccontando di quando, una di quelli che stavano dietro ai banchi, era lei.
Un testo né di storia greca, né di grammatica greca, che ricorre ai Greci e al loro modo di esprimersi, la lingua (attraverso la quale ognuno di noi esprime il proprio sentire), per aiutarci a riflettere e a catturare le diverse sfumature della vita, in una società che spesso offre solo il bianco e il nero, il chiaro e lo scuro. Un libro che spiega l’utilità e le finalità dello studio del greco antico, che continua a resistere nei licei classici, nonostante la continua metamorfosi del pensiero e del modo di agire della società attuale. «Abolire la cultura classica serve solo a perdere la memoria, a farci vivere in una società orientata sul presente». Ѐ quanto afferma Umberto Eco nel corso di un finto processo al liceo classico, tenutosi a Torino nel 2014, nel quale si evidenzia l’importanza del ricordare e di non dimenticare fatti accaduti in precedenza, che servono ad ognuno di noi per sviluppare la giusta intelligenza e il giusto modo di pensare da applicare nel presente, quotidianamente, anche nelle più piccole azioni. Allo stesso modo, Andrea Marcolongo presenta il greco antico come una terapia interiore, utile a chiunque, che tutti dovrebbero in parte conoscere, per imparare a riflettere e a pensare in un modo del tutto unico.
Il lessico è chiaro e facilmente comprensibile, privo di tecnicismi che renderebbero la lettura più faticosa ed è  ricco di espressioni umoristiche, di esperienze di vita dell’autrice. Un testo lineare e facilmente leggibile, non solo per chi ha seguito degli studi classici, ma per chiunque abbia il desiderio di conoscersi esplorando la propria indole, attraverso un mondo tanto misterioso quanto affascinante, tanto lontano da noi quanto estremamente vicino, tanto incomprensibile quanto chiaro, con una lingua geniale, estremamente geniale: il greco antico.
Siamo grati a questo libro, che consigliamo vivamente a tutti i lettori; il greco non è una sequela di sterili regole da dover memorizzare senza motivazione, bensì un mondo immenso, da esplorare poco a poco, in tutte le sue sfaccettature.


Sara Di Bernardo, Pasquale Figari, II Z

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