Ehi, Beck!
Come stai? Spero bene… per te, sempre
per te, Beck.
Sta piovendo? Io non penso proprio…
scommetto la parrucca della signora Sights che non è così. Scommetto che c’è un
bellissimo tramonto, che i tuoi capelli biondi riflettono i raggi del sole,
brillando e rilucendo di rosso e oro acceso. E scommetto anche che hai ancora
addosso la divisa sporca di terra e fango, il casco sotto il braccio sinistro e
quella strana rughetta tra le sopracciglia. Scommetto perché è così, credimi.
Sei riuscito a vincere la partita? Io
penso proprio di sì, e, anche se non capisco niente di football, capisco molto
di te.
Ora ti starai dicendo: “cosa diavolo
vuoi con questa lettera, Echo?”
Beh, niente, Beck, solo… lasciami
parlare.
Voglio rompere con te.
Fermo, non tirare calci o pugni a
niente, la tua jeep nuova non ha bisogno di essere rovinata a causa mia. Dopo
chi ascolta le lunghe lamentele di tuo padre? Tu non ne saresti capace,
finiresti per acconsentire a tutto quello che ti dirà, chiudendoti in quel
bozzolo di dolore. Ne soffriresti in silenzio, ti consumeresti.
A me l’idea dà il voltastomaco.
Quindi… ascoltami, piangi pure – il
dolore ha bisogno di essere vissuto –, ma non fare cose che potrebbero andare a
tuo discapito e, in un certo senso, a mio.
Rompo con te perché non ce la faccio.
Non ce la faccio a guardarti negli occhi, a stare ferma quando cerchi di
tenermi a bada.
Non ce la faccio e basta!
Odio quando mi dici che sono
irrequieta, che sono pazza a voler volare, odio quando mi dici che sono apatica.
Notizia dell’ultimo minuto: io non
sono apatica.
E tu lo sai. Lo sai benissimo.
E non fai niente.
Tu non fai mai niente.
Eppure ti voglio bene, quel bene
profondo che nasce dopo esserti stata accanto per anni.
Ma io voglio la vita, Beck. Voglio
correre, gridare, nuotare… voglio tutto ciò che il mondo può darmi.
Capisci cosa intendo?
Questo ti spezzerà il cuore, ma… ma
io con te non mi sento libera. No, per niente. E, forse, in cuor mio l’ho
sempre saputo.
Non scherzavo quando ti dicevo che
avrei voluto prendere il primo bus e fuggire, attraversare la Route 66 su un
vecchio furgoncino, sentire il vento tra i capelli, scalare una montagna,
arrivare fino alle coste della California, per poi tornare indietro fino alla
Florida. Non scherzavo.
Tu ridevi, e mi dicevi che prima o
poi l’avremmo fatto insieme.
Ma non è mai stato così.
Ormai ho diciassette anni, Beck. E
voglio vivere, voglio farle adesso, tutte quelle cose .
Ma tu non lo capisci, e quindi vado
via.
Vado via da quel buco che noi
chiamiamo casa, non mi va di restare lì a sprecare la mia vita, diventando ciò
che non sono e che non voglio essere. Magari vedrò per davvero le coste della
California, guarderò San Francisco ai miei piedi, le mille luci che prendono
vita, l’odore della salsedine e dei boschi. Magari vedrò le montagne, la terra
rossa e infuocata, ascolterò una vecchia canzone alla radio, mentre me ne starò
seduta in un bar polveroso della Georgia, o della Virginia, o del Nord
Carolina. Magari vedrò tutte queste cose, oppure non lo farò, ma, credimi, ti
penserò. Ti penserò sempre, e non come il fidanzatino di una vita, ma come il
ragazzo con cui sono cresciuta, e continuerò a fare – se me lo permetterai.
L‘altro giorno, mentre tutti erano
impegnati a seguire le ultime lezioni della signora Sights, io ti osservavo.
Non te ne è mai fregato un fico secco
della letteratura, per te è sempre stato un insieme di paroloni senza senso. E
io l’ho notato meglio quella volta, mentre te ne stavi spavaldo sulla sedia, la
matita in bocca e la felpa della squadra di football addosso, quasi fosse il
marchio dove c’era scritto che sei intoccabile.
Mi è venuta un’improvvisa voglia di
ficcarmi le forbici in gola.
Come ho potuto farti crescere così?
Come ho potuto lasciar correre tutto questo? Perché non ti ho corretto prima?
Perché quando litigavamo non gridavo più di te?
Ora sì, sei intoccabile. Intoccabile,
ma fragile.
Non te ne rendi conto, ma lo sei.
Vivi senza passione, senza amore,
senza emozioni. Ti attieni a quello che dicono gli altri, abbassi la testa e
tiri avanti.
Svegliati, Beck.
La vita è tua, e non di tuo padre,
credimi.
Se mi avessi ascoltato almeno una
volta, se avessi ascoltato tutte quelle poesie che ti leggevo, tutti quegli
inni alla vita… ora saresti diverso, ora saresti con me, su un bus per una
destinazione indefinita, senza bagagli, ma con tanti sogni in uno zaino che ha
visto di sicuro giorni migliori.
Resterò via almeno tutta l’estate,
Beck, ho messo da parte abbastanza soldi da mantenermi. I miei genitori saranno
troppo impegnati a farsi la guerra in tribunale per pensare a me, quindi non ti
preoccupare di loro: non si renderanno neanche conto che non ci sono.
Sei così buono, Beck.
Hai un cuore di miele e occhi di
cioccolato, e io ti amo così tanto.
Ma ti prego di non odiarmi: è questo
ciò che voglio.

Una sola estate ti chiedo, Beck. Una
sola.
E, se sentirai la mia mancanza, tira
da sotto il letto lo scatolone delle nostre foto. Tiralo fuori e aprilo. Io
sarò lì con te, sarò con te mentre tutti festeggiano il 4 luglio, mentre tutti
sono giù al lago o in piscina. Sarò con te. Sempre.
Baci
Echo
Ida Cantone
Ida Cantone
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