Dopo una giornata piena di emozioni e di stanchezza son
pronto a parlarvi di quello che stamani ha “colpito” particolarmente il mio
interesse. Un interesse, misto a un’inarrestabile e bramosa curiosità, che man
mano qualcuno ha cercato di saziare. E non sto parlando del pizzaiolo di
Rossopomodoro, anche lui molto divertito a sbattere qua e là le sue
pagnottelle, ma della signora Giuliana Mazzara, guida turistica presso
l’agenzia Quo Vadis, che in qualche modo si è sentita entusiasta, insieme ai
nostri docenti, di “sbattere” noi di fronte alla bellezza artistica che
sfioriamo ogni giorno senza penetrarla né accoglierla. L’arte che ci circonda
appare a noi come un’estranea, ma lo stesso noi appariamo ad essa: degli
alieni. Dei poveri “forestieri” che si affannano a raggiungere un qualcosa di
indefinito ,continuando a cementare di grigio la realtà circostante.
Di qui nasce il tentativo del folle architetto francese D. Perrault che, da
vero artista all’avanguardia, ci viene incontro nel nostro mondo alienato attraverso
la rappresentazione della nuova realtà e la realizzazione di un nuovo ponte di
collegamento in grado di risanare il nostro rapporto con l’Arte che si sta
lasciando ferire dalle mura troppo alte e dagli aguzzi filamenti di metallo, le
nuove risorse del nuovo mondo. E così che Perrault si
inventa “La giungla urbana” che microcosmicamente è rappresentata dalla città
di Napoli, precisamente da piazza Garibaldi. Quante volte siamo passati sotto
quel pergolato di ferro grigio e lo abbiamo considerato alquanto
insignificante?
Napoli, la giungla urbana, raccontata dai grossi rami di ferro e dalle grosse foglie che costituiscono un grigio pergolato sotto al quale passiamo ogni volta che visitiamo la Città. Grigio. Tutto molto semplice, che dà l’idea di un cantiere “ravvivato” ogni tanto dai colori segnaletici: l’arancione e il giallo. Una Napoli nuvolosa che copre le vive sfumature dell’esuberante Vesuvio in cui ci viene suggerito che qualcosa ci sta sfuggendo di mano. E l’arte ne è l’emblema. Ecco perché l’arte ci rappresenta così tanto da vederci riflessi nell’acciaio lucido. Man mano, quindi, inizia l’identificazione dell’uomo con l’arte di Perrault: i soggetti della rappresentazione siamo noi!
Napoli, la giungla urbana, raccontata dai grossi rami di ferro e dalle grosse foglie che costituiscono un grigio pergolato sotto al quale passiamo ogni volta che visitiamo la Città. Grigio. Tutto molto semplice, che dà l’idea di un cantiere “ravvivato” ogni tanto dai colori segnaletici: l’arancione e il giallo. Una Napoli nuvolosa che copre le vive sfumature dell’esuberante Vesuvio in cui ci viene suggerito che qualcosa ci sta sfuggendo di mano. E l’arte ne è l’emblema. Ecco perché l’arte ci rappresenta così tanto da vederci riflessi nell’acciaio lucido. Man mano, quindi, inizia l’identificazione dell’uomo con l’arte di Perrault: i soggetti della rappresentazione siamo noi!
Scendendo nella parte più bassa della giungla, quando siamo ormai pronti a
partire e ad incanalarci nel Tube, la
scena artistica raggiunge il culmine del suo messaggio: un invito ai passeggeri
a valorizzare quel tempo d’attesa nella ricerca di qualcosa che, appunto, è
andato perduto. Un invito, nella parte più paludosa, a raccogliere quei valori
che restano incastrati nel pantano e che piangono le lacrime di una società
veloce e consumistica.
Di lì, dopo la magnifica attesa, è iniziato anche per noi il viaggio che ci ha immersi nella grandiosità dell’arte contemporanea.
Di lì, dopo la magnifica attesa, è iniziato anche per noi il viaggio che ci ha immersi nella grandiosità dell’arte contemporanea.
Gianluca Della Corte
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