Che cos'è la
valutazione e a che cosa serve? Tutti gli alunni, i quali si sottopongono ad
essa, se lo saranno chiesti una marea di volte. La valutazione è vista come
quel giudizio che temi o che aspetti con ansia, come il voto negativo o
positivo. Ebbene no! Vi è una differenza tra giudizio e valutazione. La
valutazione scolastica è il giudizio “complessivo’’ del rendimento non solo
didattico di ogni singolo alunno, mentre il giudizio esprime il verdetto di una
determinata cosa, che si tratti di un compito o di una verifica orale. Chi si
sottopone alla valutazione, non è una cavia, una vittima bensì un semplice
individuo che si presenta cosciente di essere valutato per comprendere se e
come è riuscito nella sua “impresa”. Chi valuta deve, a sua volta, capire; egli,
infatti, si assume la responsabilità di influire su eventuali scelte
dell’alunno. Più precisamente la valutazione scolastica si divide in molteplici
usi e si avvale di molte tecniche. Pertanto essa non si basa soltanto sulle
interrogazioni frontali ma anche di “verifiche in itinere” ove appunto il
docente controlla il progressivo rendimento dell’alunno.
Ho letto critiche alla valutazione tradizionale: si avverte l’esigenza, come
anche il nostro Dirigente Scolastico ci ha affermato, di cambiare sistema di
valutazione e non nascondo il mio entusiasmo nell'occuparmi di questo argomento. Dunque,
per un radicale cambiamento della valutazione, occorre cambiare didattica: non
esiste valutazione diversa senza didattica diversa. Mi spiego meglio: un alunno
non può essere valutato diversamente se non si applica un diverso metodo
d’insegnamento. Non vogliamo le pappe pronte che ci propinano continuamente
anche i libri di testo, quelle che vengano somministrate ai “minori”, di cui ho
parlato nel mio precedente articolo “Svegliamo le nostre coscienze assopite”.
Il libro di testo, infatti, è soltanto uno strumento che ci permette di
approdare alla lezione, quella viva. Un semplice foglio non respira, non è in
grado di trasmettere, di stimolare. Il metodo Socratico ha ispirato la
didattica incentrata sugli alunni e la lezione viva e attiva, dove il docente
appunto non inculca principi e dettami ma fa “maieutica”: egli conoscendo la
classe, conosce i loro bisogni, le loro intelligenze e qualità attraverso
metodi e strategie ben studiate. Anche il docente studia e lavora su se stesso:
il suo campo è l’aula ove progetta un programma in base alle capacità della
classe, somministrando le cosiddette “prove d’ingresso”. Partendo da queste
prove, il docente formula la programmazione che non a caso è diversa da classe
in classe. Insomma, funge da topo di Cenerentola cucendo l’abito ad hoc per
ogni classe. Che non sia mai un uniforme, una divisa uguale per tutte le
classi!
Chi si avvale della facoltà di valutare, deve saper programmare in quanto anche
la programmazione svolge un ruolo importante nella didattica. Inoltre, il buon
docente deve saper coinvolgere, stimolare gli alunni, deve saper gestire i
gruppi e essere da esempio avendo una cultura solida e essendo fedele negli
ideali lasciandosi guidare dall'ottimismo dell’efficacia del proprio lavoro.
Basta citare uno dei più grandi oratori latini, Quintiliano, il quale affermava
che il docente è il secondo genitore dell’alunno e dunque il suo successo
avviene grazie a una didattica formativa mirante ad educare il discepolo come
persona valida e cosciente. “I giovani
non sono vasi da riempire ma fiaccole da accendere”, sua citazione contro il
mero ed insulso nozionismo. Infatti una didattica nozionistica è soltanto
diseducativa e nociva in quanto tende a trasformare l’alunno in una macchina
che ricorda dati e date senza però saperli coordinare in maniera creativa.
Tutto ciò comporterebbe ad uno stare bene insieme in classe, ad un'empatia tra
docenti e alunni i quali non saranno più costretti a valutare dall'alto, dietro
la cattedra ma bensì coopereranno con gli alunni sollecitandoli implicitamente
nell'autovalutazione, ottenendo così grandiosi risultati di una cooperazione
riuscita. Propongo al Dirigente Scolastico, il quale dimostra pieno interesse
nell'impegnarsi a rendere migliore un’istituzione non facile come quella che
dirige, di iniziare a spronare sia docenti che alunni a far tesoro degli
insegnamenti lasciatici dagli uomini che hanno fatto la “storia” degne di un
percorso formativo e concernente didattica, valutazione ed educazione.
Gianluca Della Corte IIIB
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