mercoledì 14 novembre 2012

Valutiamo...ci!

Che cos'è la valutazione e a che cosa serve? Tutti gli alunni, i quali si sottopongono ad essa, se lo saranno chiesti una marea di volte. La valutazione è vista come quel giudizio che temi o che aspetti con ansia, come il voto negativo o positivo. Ebbene no! Vi è una differenza tra giudizio e valutazione. La valutazione scolastica è il giudizio “complessivo’’ del rendimento non solo didattico di ogni singolo alunno, mentre il giudizio esprime il verdetto di una determinata cosa, che si tratti di un compito o di una verifica orale. Chi si sottopone alla valutazione, non è una cavia, una vittima bensì un semplice individuo che si presenta cosciente di essere valutato per comprendere se e come è riuscito nella sua “impresa”. Chi valuta deve, a sua volta, capire; egli, infatti, si assume la responsabilità di influire su eventuali scelte dell’alunno. Più precisamente la valutazione scolastica si divide in molteplici usi e si avvale di molte tecniche. Pertanto essa non si basa soltanto sulle interrogazioni frontali ma anche di “verifiche in itinere” ove appunto il docente controlla il progressivo rendimento dell’alunno.
Ho letto critiche alla valutazione tradizionale: si avverte l’esigenza, come anche il nostro Dirigente Scolastico ci ha affermato, di cambiare sistema di valutazione e non nascondo il mio entusiasmo nell'occuparmi di questo argomento. Dunque, per un radicale cambiamento della valutazione, occorre cambiare didattica: non esiste valutazione diversa senza didattica diversa. Mi spiego meglio: un alunno non può essere valutato diversamente se non si applica un diverso metodo d’insegnamento. Non vogliamo le pappe pronte che ci propinano continuamente anche i libri di testo, quelle che vengano somministrate ai “minori”, di cui ho parlato nel mio precedente articolo “Svegliamo le nostre coscienze assopite”. Il libro di testo, infatti, è soltanto uno strumento che ci permette di approdare alla lezione, quella viva. Un semplice foglio non respira, non è in grado di trasmettere, di stimolare. Il metodo Socratico ha ispirato la didattica incentrata sugli alunni e la lezione viva e attiva, dove il docente appunto non inculca principi e dettami ma fa “maieutica”: egli conoscendo la classe, conosce i loro bisogni, le loro intelligenze e qualità attraverso metodi e strategie ben studiate. Anche il docente studia e lavora su se stesso: il suo campo è l’aula ove progetta un programma in base alle capacità della classe, somministrando le cosiddette “prove d’ingresso”. Partendo da queste prove, il docente formula la programmazione che non a caso è diversa da classe in classe. Insomma, funge da topo di Cenerentola cucendo l’abito ad hoc per ogni classe. Che non sia mai un uniforme, una divisa uguale per tutte le classi! 

Chi si avvale della facoltà di valutare, deve saper programmare in quanto anche la programmazione svolge un ruolo importante nella didattica. Inoltre, il buon docente deve saper coinvolgere, stimolare gli alunni, deve saper gestire i gruppi e essere da esempio avendo una cultura solida e essendo fedele negli ideali lasciandosi guidare dall'ottimismo dell’efficacia del proprio lavoro. Basta citare uno dei più grandi oratori latini, Quintiliano, il quale affermava che il docente è il secondo genitore dell’alunno e dunque il suo successo avviene grazie a una didattica formativa mirante ad educare il discepolo come persona valida e cosciente.  “I giovani non sono vasi da riempire ma fiaccole da accendere”, sua citazione contro il mero ed insulso nozionismo. Infatti una didattica nozionistica è soltanto diseducativa e nociva in quanto tende a trasformare l’alunno in una macchina che ricorda dati e date senza però saperli coordinare in maniera creativa.

Tutto ciò comporterebbe ad uno stare bene insieme in classe, ad un'empatia tra docenti e alunni i quali non saranno più costretti a valutare dall'alto, dietro la cattedra ma bensì coopereranno con gli alunni sollecitandoli implicitamente nell'autovalutazione, ottenendo così grandiosi risultati di una cooperazione riuscita. Propongo al Dirigente Scolastico, il quale dimostra pieno interesse nell'impegnarsi a rendere migliore un’istituzione non facile come quella che dirige, di iniziare a spronare sia docenti che alunni a far tesoro degli insegnamenti lasciatici dagli uomini che hanno fatto la “storia” degne di un percorso formativo e concernente didattica, valutazione ed educazione.


Gianluca Della Corte IIIB



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